Ambra e il mare

AMBRA E IL MARE

“ Luccica come un mantello di seta” pensa Ambra guardando il mare.

Seduta sulla panchina in fondo al pontile si rigira tra le mani la tazzina di cartone col caffè ormai freddo. Le piace berlo una volta che si è freddato, amaro. In parte si è abituata a berlo freddo perché dove lavora, in un bar del centro, non c’è il tempo di berlo caldo. Sì perché è un dato di fatto che, appena metti su un caffè per te, entra un cliente: è proprio una regola.

Che poi diventa un’abitudine. Come quella di andare a salutare il mare nel giorno libero.

Lui è lì che l’aspetta, nei suoi giorni liberi ed in quelli in cui lavora. L’aspetta anche se lei non va a salutarlo. L’aspetta e basta. E quando finalmente lei arriva, l’accoglie in tutta la sua magnificenza, aprendosi a lei, come un innamorato folle.

Ambra beve un sorso del caffè, ma non tutto: vuole farlo durare il più a lungo possibile.

Chiude gli occhi e appoggia la testa alla panchina, col viso rivolto verso il cielo. Respira l’aria salata. Allunga le gambe e resta così per un po’. Un gabbiano lancia un grido.

Sotto di sé sente l’acqua che sciaborda contro i piloni del pontile. In mezzo a cotanta beatitudine le appare l’immagine del frigorifero vuoto: la spesa! Non c’è scampo deve farsi coraggio: le uova, il latte di soia, il riso, legumi, tofu…. la verdura!

Com’è che si chiama il contadino? Aldo? No, macché Aldo! Franco forse? No no, nemmeno. Ma che cazzo!

“ Anna scusa, lo so che sei al lavoro. Quando hai tempo per favore mi mandi il numero di quel contadino di cui mi hai parlato e che non ricordo affatto come si chiama? Grazie. Un bacio dalla tua amica svampita”. Invio.

Sospira, rimette il telefono in borsa, beve l’ultimo sorso di caffè e si alza.

“ Ciao mare mio, ci vediamo la settimana prossima, eh? Se ce la faccio passo prima. Tu però aspettami”.

Lo abbraccia tutto con lo sguardo, sospira e si avvia alla macchina. Dopo un’ora circa Ambra armeggia con la chiave nella serratura, mentre con una mano regge la borsa della spesa e con l’altra il sacco della pappa per la gatta.

Il bip del telefono la sorprende mentre inciampando entra in casa.

È un messaggio di Anna.

“ Carlo. Si chiama Carlo: 393 2050437. Curati, tesoro, stai peggiorando. Ma ti voglio bene lo stesso, anche se rincoglionita.”

Ambra ride. Ma certo, Carlo!

Mette sul fuoco una padella, ci butta dentro un po’ di roba, delle spezie, verdure, tutto un po’ a casaccio sull’onda della fame che arriva veloce. Riprende il telefono, digita il numero per chiamare Carlo Il contadino, poi ci ripensa e scrive.

“ Buongiorno sono un’amica di Anna: mi ha parlato con tale trasporto delle sue meraviglie che mi ha fatto nascere un desiderio irrefrenabile di provarle. Come funziona la cosa? vengo io da lei o lei da me?”

Invio.

Molla il telefono, scola il riso, spegne i fuochi e porta tutto in tavola.

Affamata come un lupo si riempie la bocca con tre forchettate a fila. Il bip del cellulare la distoglie dalla spola tra piatto e bocca.

“ Buongiorno, è sicura di non aver sbagliato numero?”

“ Non credo, perché?”. Invio.

“Perché non capisco che cosa lei stia cercando e quale sia il” desiderio irrefrenabile” che la muove.”

“ Quello di mangiare verdure. Sa quelle cose tipo zucchini, pomodori, insalata, cavoli? Scusi, ma lei non è Carlo il contadino?”

Dopo un paio di minuti la risposta arriva con un vocale.

“ Sì, sono io”- pausa con un verso soffocato-” Mi scusi, sa, non avevo capito.”- altra pausa con uno sbuffo-” Mi perdoni, ma il suo messaggio era un po’ equivoco e mi aveva lasciato interdetto.”- pausa con una sorta di singhiozzo-” Ad ogni modo mi trova in via Arginvecchio 69 il lunedì mercoledì venerdì dalle 9:00 alle 12:00. Oppure se non può passare, consegno a domicilio con un modesto sovrapprezzo. Mi faccia sapere quando vuole acquistare e se viene lei oppure preferisce che consegni io. Grazie e buona giornata.”

 

Ambra resta con la forchetta a mezz’aria. Riascolta il vocale. Poi lo ascolta una seconda volta. Senza ombra di dubbio il Carlo in questione stava facendo uno sforzo sovrumano per non scoppiare a ridere.

Ambra scorre il messaggio e rilegge quello scritto da lei. Lo rilegge e lo rilegge.. Sospira e scuote la testa: sembrava una richiesta di prestazione di altro genere. Con una mano si copre gli occhi e poggia il gomito sul tavolo.

Certo però che voce….

Ascolta di nuovo il vocale: tonalità profonda, MOLTO profonda. Timbro scuro e rotondo. Una voce morbida.

Se lo vede appoggiato ad una vanga, con un cappello di paglia in testa, le braccia abbronzate e sudate, la camicia semi aperta, il sorriso sornione come quello di un gatto.

Ambra sente caldo.

Si alza, sparecchia in fretta, mette gli avanzi in frigo, sistema la cucina. Poi digita un messaggio.

“Una cassetta di quello che c’è ( di verdura..) per mercoledì. Vengo io.”

Poi ci ripensa, cancella “ vengo” e scrive ” passo”.

Poi cancella ancora e riscrive ” vengo”.

Invio .

Si sente la faccia accaldata e le viene da ridere.

Il martedì notte dorme malissimo, si ruzzola nel letto, sogna zucchini giganti e succosi pomodori.

Si sveglia prima dell’alba. Esce con Rocky per una lunga camminata.

Alle 8:55 è in via Arginvecchio 69.

Scende dall’auto e varca il cancello.

Si guarda intorno, non c’è anima viva. Davanti a lei un campo ordinato, con file di piante di pomodori e di fagiolini; più in là sedani ed insalatine, quadrati di basilico e di prezzemolo. Piante di zucchini con foglie erette, piene di fiori, beate sotto il sole.

La terra è scura, la tocca: è soffice e fresca.

Si toglie gli infradito e cammina a piedi nudi tra le piante di zucchini. Accarezza i pomodori, sfiora il basilico ed un aroma penetrante la avvolge. Si accovaccia a guardare un’ape che succhia nettare da un fiore: è piena di polline, è tutta imbrattata di giallo, ma pare non curarsene e svolazza beata, par che rida.

Ambra si tira su e si volta di scatto.

Ad un paio di metri da lei due occhi scurissimi ridono e la passano ai raggi X .

Un mezzo sorriso la inchioda.

No, il sorriso da bastardo però no!

Si sente nuda. Sente i brividi, anche se la pelle è calda. Non dice una parola. Non riesce nemmeno a respirare. Gli guarda le mani: grandi, ampie, robuste. Mani che lavorano.

Ma dai, così è troppo!

Vorrebbe scappare e allo stesso tempo vorrebbe strapparsi i vestiti, saltargli addosso e rotolarsi con lui nella terra scura.

“ Buongiorno, è l’amica di Anna?”. Ambra fa sì con la testa.

“ Questa è la cassetta per lei: lei va bene?”

Ambra annuisce veloce.

Ha la gola secca e la lingua attaccata al palato.

“Si sente bene?” chiede lui ancora con quel mezzo sorriso.

“ Tutto bene” risponde Ambra con voce roca. “Quanto le devo?”

“ Tredici euro”.

Ambra gli allunga venti euro. Lui nel prenderle la sfiora con le dita. Ambra sussulta.

Lui la guarda con due occhi da pantera mentre le allunga il resto.

“G- Grazie” riesce a dire Ambra.

Poi scappa via, oltre il cancello, oltre la terra, oltre quegli occhi di brace e quelle braccia muscolose e quel sorriso beffardo e… BASTA!

Corre, Ambra, corre con la cassetta di verdura in mano.

I pomodori dentro rotolano, gli zucchini franano e tutto si mescola in quella che un minuto prima era una cassetta armoniosa e bella.

Sale in auto con le mani che tremano, non riesce nemmeno ad infilare la chiave. Alla fine parte sgommando e solleva un polverone.

A casa mette via in fretta tutta quella verdura, nascondendola in frigo nel cassetto in fondo. Il cassetto in basso è quello che si scorda sempre di guardare, quello delle cose dimenticate.

Più tardi, mentre tenta di concentrarsi su un film, le arriva un messaggio di Anna.

“ Sei andata al campo da Carlo?” .

Ambra avvampa solo a leggere il suo nome.

“No, ho cambiato idea.”

Riprende a seguire il film.

Domani è giovedì, riparte la giostra della settimana.

Fa un grande respiro, ma l’aria le resta come intrappolata nello stomaco come se non riuscisse nè a scendere nè a salire.

Arriva il giovedì, poi il venerdì, poi tutti gli altri giorni, in fila uno dietro l’altro, come una ruota che gira sempre uguale.

Il martedì sera un bip sul telefono. Sbircia: è Carlo. Non apre nemmeno il messaggio.

È di nuovo mercoledì, è il suo giorno libero.

Sembra che sia passata una vita intera dal mercoledì precedente.

Ambra va in bagno per lavarsi, si guarda allo specchio e si vede spenta, stanca, segnata nel viso.

Si sente come fosse un cartonato. Si lava, si veste, fa colazione. Non sa che cosa sta mangiando non sente neanche il sapore del caffè.

“ Devo cambiare il caffè, questo non sa di niente” sbotta e rovescia tutta la moka nell’acquaio.

Eppure è il caffè che compra da anni, quello che le è sempre piaciuto tanto.

Mette il guinzaglio a Rocky ed esce a piedi con lui; camminano per qualche   ora.

Poi, senza sapere come c’è arrivata, si ritrova sulla panchina in fondo al pontile e vede il mare.

Ha gli occhi spalancati come un sonnambulo che si sveglia di botto e non capisce dov’è nè perchè è fuori dal letto.

Guarda tutta quell’acqua distesa davanti a sè e le parla, come fa da tutta la vita.

“O mare, mare amico mio, che cosa è successo? la vita profumava e il mondo splendeva, tutto era possibile ed ora non lo è più. Mi sento come un sacco vuoto afflosciato a terra. Sono come un pallone da mare bucato, portato avanti e indietro dalla risacca. Una mano gelida mi strizza da dentro, il respiro pesa come piombo. Non sento più nemmeno il tuo profumo.”

 

Il mare si muove piano, sotto la superficie. Si alza appena in certi punti, si abbassa piano in altri. È un moto incessante di acqua azzurra e verde, ma non le parla. Non dice neanche una parola.

Ambra aspetta. Un gabbiano lancia un grido sopra la sua testa. Rocky si scuote e la fissa. Lei aspetta.

Ma il suo mare non dice niente.

Dopo un po’ si alza, in silenzio anche lei, e riprende la via di casa.

Si replica il rito di ogni mercoledì dopo il giro fino in fondo al pontile: le commissioni, la spesa, la verdura stavolta comprata al negozio.

Anche questo mercoledì si fa sera e Ambra va a letto stanca.

Il giorno dopo è di nuovo giovedì, il primo giorno della sua settimana, e ricomincia la giostra. Poi è di nuovo mercoledì sera e poi giovedì e parte un altro giro.

Ambra è sempre più stanca: va a letto trascinandosi dietro le gambe e si alza perché deve, ancora più stanca della sera prima.

Lavoro, casa, giro con Rocky, spesa, cena, TV, letto, sveglia, lavoro, casa, giro, spesa, cena, TV, letto, sveglia.

La vita le scorre davanti velocissima e lei la vede filar via come dal finestrino di un treno in corsa. Il treno va sempre più veloce e lei non sa come fare a scendere. I paesaggi al di là del finestrino fuggono e sono sempre più indistinti.

Ambra comincia a deperire: mangia poco e lo fa perché deve, senza sentire alcun sapore. Dorme male e al risveglio le sembra siano passati solo dieci minuti. Al lavoro è impeccabile come sempre: sorridente, efficiente, veloce, attenta. Nemmeno i suoi colleghi, con cui lavora gomito a gomito da anni, si accorgono di nulla.

 

Rocky invece le sta sempre attaccato alle gambe e la segue in ogni stanza; Linda sta più tempo in casa che fuori e appena può le salta in grembo e quando non le è addosso la segue con lo sguardo attraverso gli occhi socchiusi.

Passa un mese, ne passano due.

In due mesi Ambra non ha fatto niente al di fuori della sua routine.

Anna la chiama un giorno sì e un giorno no, ma spesso Ambra guarda il telefono che si illumina e non risponde. Osserva lo schermo finché non si spegne e la scritta “ Anna” scompare nel buio.

Carlo ha smesso di mandare messaggi.

 

Ambra continua la sua folle corsa sul treno finchè non succede che viene tirato il freno di emergenza.

Succede una notte, una notte senza luna e senza stelle.

Ambra sta dormendo quando il respiro si blocca.

Spalanca gli occhi di botto, si tira su a sedere, si porta una mano alla gola e con la bocca spalancata risucchia avida tutta l’aria di cui è capace.

Con il cuore impazzito brancola con la mano sul comodino e trova il tasto dell’ abat jour .La stanza si illumina e lei si guarda intorno: non c’è nessuno lì a parte lei, Rocky in piedi pronto a scattare e Linda con la schiena inarcata ed il pelo ritto.

La stanno fissando e lei scoppia a piangere.

Piange tutta scossa da singhiozzi con le mani davanti alla faccia. È un pianto di dolore, inconsolabile come quello di un bambino.

Resta lì con la faccia nelle mani i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Finché da sotto i gomiti spunta il testone di Rocky che allontana a forza le braccia e poi comincia a leccarle il viso. Lei continua a piangere forte e lui le lecca la faccia finché il pianto non si spegne.

Si lascia cadere sul letto con Rocky disteso al suo fianco e la gatta che fa le fusa, acciambellata vicino alla sua testa.

Allora si addormenta e sogna.

Sogna di essere seduta sul fondale sabbioso del suo mare. Le correnti la fanno ondeggiare come fosse un’alga. Il mare la avvolge, la carezza, la culla.

E poi alla fine le parla così:

“L’eleganza della visione del distacco e dell’assenza di Carlo sono su ben altre posizioni. Tutti gli argomenti, che porti alla tua mente, all’apparenza funzionano e niente può forzarti a cambiare. Ma è invece la naturale sconfitta del tuo intelletto: tutto lo induce a cadere sui suoi punti deboli con domande a cui lui non trova risposta. L’attenzione al piacere è ormai al centro del tuo cuore e della tua mente: questo è il trucco.”

A queste parole Ambra si stacca dal fondale sollevandosi e si abbandona alla corrente. Viene sospinta, spostata, rotolata, cullata, rimbalza e piroetta.

Una cosa viscida e morbida le tocca la faccia, lei cerca di toglierla, ma non ce la fa.

Spalanca gli occhi e si trova faccia a faccia con Rocky che la sta leccando.

Gli passa una mano sulla testa, sul pelo morbido e folto; Linda si sta facendo la toilette mattutina.

Ambra si alza, spalanca la finestra ed inspira a pieni polmoni. Il cielo è blu con qualche nuvola di passaggio. Il gelso del suo giardino si sta facendo giallo e l’acero del suo vicino sta virando al rosso. È presto, il sole è ancora fanciullo. Ambra trova un foglio e si mette a scrivere una lettera.

 

“Ogni notte sogno la terra del tuo campo: fresca leggera morbida accogliente. Ogni giorno richiamo al cuore la sensazione di piacere dei miei piedi nudi nella tua terra. Vorrei avere adesso i piedi in quella terra, immergerci le mani, portarci un seme. Vorrei restare lì per sempre con i piedi nella terra e le mani piene di verdura. Senza scappare, senza voltarti la schiena bensì, guardandoti negli occhi, sorriderti come mi hai sorriso tu.”

 

Piega la lettera e la mette in una busta rossa, la sigilla e ci scrive sopra “ Per Carlo”.

Poi si alza, si lava, dà da mangiare ai suoi due amici e fa colazione. Esce, sale in macchina e guida fino al numero 69 di via Arginvecchio.

È prestissimo, il cancello è ancora chiuso: lancia la lettera oltre il cancello.

Poi risale in macchina e guida fino al pontile. Scende e si dirige con passo leggero alla panchina in fondo. Si siede, guarda al mare e gli fa l’occhiolino. Il mare di rimando la inonda col suo profumo di acqua salata.

Ambra resta lì con la testa reclinata all’indietro e il viso rivolto verso il cielo, con gli occhi chiusi.

Finché lo squillo del suo telefono non la scuote.

Lo prende, lo gira, legge il display: “ Carlo il contadino”.

Prende fiato e apre la chiamata senza dire una parola.

Dall’altro capo del telefono una voce profonda, morbida e sorridente le dice:

“ Dove sei?”.

 

 

Angelica del Medico

 

Racconto nato dal Laboratorio di Narrativa Esoterica Amore e Psiche, clicca e scopri.

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